Il golf è uno sport fatto di pazienza, precisione e nervi saldi. Ma ogni tanto, in mezzo a centinaia di buche giocate con metodo, arriva un colpo che spezza il tempo. Un gesto tecnico così perfetto – o così audace – da rimanere impresso nella memoria collettiva degli appassionati. Alcuni colpi non decidono solo un torneo: cambiano la storia del golf.
A 46 anni, Jack Nicklaus era considerato fuori dai giochi. Ma la Domenica del Masters 1986, il “Golden Bear” accese l’Augusta National con una delle rimonte più spettacolari della storia. Il suo putt alla buca 17, lungo e in salita, segnò il birdie decisivo per il trionfo. Le braccia alzate, la folla in delirio, e un colpo che suggellò il suo sesto Masters: record ancora imbattuto.
Nessun elenco può prescindere da Tiger Woods e il suo leggendario chip alla buca 16 del Masters 2005. Con la pallina a pochi metri dal green, Woods la colpì con precisione chirurgica, facendola salire sul pendio per poi farla rotolare giù lentamente, fino a fermarsi sul bordo della buca… e cadere dentro un istante dopo. Silenzio irreale, poi l’esplosione. Un colpo da spot Nike, ma reale e irripetibile.
Poco prima della sua tragica morte, Payne Stewart lasciò un segno indelebile nel golf con un putt da 5 metri alla 18ª buca del Pinehurst No. 2. Quel colpo gli valse la vittoria allo U.S. Open 1999, davanti a un giovane Phil Mickelson. L’immagine delle sue braccia tese in aria, con la gamba piegata e la mano che stringe il pugno, è diventata simbolo di cuore e determinazione.
Alla 18ª buca del Royal St George's, Seve Ballesteros siglò il birdie più iconico della sua carriera. Con un colpo chirurgico dal fairway, mise la palla a pochi centimetri dalla buca. Il putt fu una formalità, ma la sua esultanza – il pugno al cielo, il sorriso largo – fu l’immagine della passione latina che portò nel mondo del golf.
Phil Mickelson nel 2010: colpo da sotto gli alberi alla 13 dell’Augusta.
Tom Watson nel 1982: chip-in alla 17 a Pebble Beach.
Bubba Watson nel 2012: colpo con effetto mancino da fuori pista, playoff del Masters.
Questi colpi sono diventati simboli. Non solo per la bellezza tecnica, ma perché hanno mostrato cosa succede quando talento, coraggio e passione si incontrano. Ogni golfista, professionista o dilettante, sogna il proprio "colpo perfetto". Non è solo una questione di punti o tornei, ma di lasciare un segno.
Il golf, in fondo, è fatto anche di questo: momenti che durano un secondo, ma restano per sempre.
Notizie dal campo
La 82ª edizione dell’Open d’Italia ha regalato spettacolo tra le splendide colline della Maremma, al Monte Argentario. Green invitanti, pin posti impegnativi e sapienti strategie hanno dominato questi quattro giorni sull’eccezionale percorso dell’Argentario Golf Club, recentemente certificato PGA National argentarioresort.
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Adrien Saddier, francese di 33 anni, ha conquistato il suo primo titolo sul DP World Tour esattamente alla sua 200ª presenza. Un back nine scintillante con quattro birdie in cinque buche l'ha portato a un -14 finale, due colpi sopra Martin Couvra . La vittoria, oltre al trofeo, ha fruttato $510.000 (circa €436.000) e l’accesso all’Open Championship a Royal Portrush per Saddier e Couvra.
Sul podio anche Dan Bradbury e Calum Hill (terzi a -10), seguiti da una serie di buone prestazioni tra cui quella dell’azzurro Eugenio Chacarra, terminato settimo a -8
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Un’iniziativa degna di nota: al torneo è stato lanciato un premio speciale per giovani talenti, dedicato alla figura di Franco Chimenti, storico protagonista del golf italiano.
Sul versante PGA Tour, la scena è stata dominata da Aldrich Potgieter, sudafricano giovanissimo che ha registrato la prima vittoria in carriera al Rocket Classic, trionfando dopo un intenso playoff sul Detroit Golf Club
. Questo successo fa di lui il vincitore PGA Tour più giovane dal 1983 e rafforza la sua presenza nel circuito.
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