• I grandi maestri del golf del passato: le leggende che hanno plasmato il gioco

    16 Luglio 2025
  • I grandi maestri del golf del passato: Le leggende che hanno plasmato il gioco

    Il golf è uno sport fatto di precisione, disciplina e classe. Ma è anche un racconto epico, segnato dalle imprese di uomini che hanno scolpito la storia a colpi di swing impeccabili. Prima che Tiger Woods rivoluzionasse tutto, il fairway era il regno di altri titani: i grandi maestri del passato. Figure che hanno trasformato un gioco aristocratico in uno sport globale, lasciando un’eredità fatta di stile, innovazione e passione.

    Old Tom Morris (1821–1908) – Il padre del golf moderno

    Considerato il vero pioniere del golf professionale, Old Tom Morris non è stato solo un eccellente giocatore (vincitore di 4 Open Championship), ma anche un innovatore del campo. A lui si devono pratiche oggi comuni, come la cura dei green, l’uso della sabbia per i tee e l’ampliamento delle buche. Fu anche uno dei primi a disegnare campi da golf in tutta la Scozia. Il suo nome è indissolubilmente legato a St Andrews, la “cattedrale del golf”.

    Bobby Jones (1902–1971) – Il genio gentiluomo

    Americano, laureato in ingegneria e avvocato, Bobby Jones è probabilmente il miglior golfista dilettante della storia. Nel 1930, vinse tutti e quattro i major dell’epoca, realizzando il leggendario Grand Slam. E poi, a soli 28 anni, si ritirò. Ma non sparì: fu il co-fondatore del Masters di Augusta e dell’Augusta National Golf Club. Simbolo di eleganza e integrità sportiva, è ancora oggi una figura sacra nel golf mondiale.

    Ben Hogan (1912–1997) – Il perfezionista

    Conosciuto per la sua etica del lavoro e l’approccio quasi scientifico allo swing, Ben Hogan ha vinto 9 major ed è considerato uno dei più grandi “tecnici” nella storia del golf. Dopo un terribile incidente stradale nel 1949, i medici pensavano che non avrebbe più camminato. Ma Hogan tornò, e vinse 6 major dopo l'incidente. La sua filosofia ha ispirato generazioni, e il suo libro "Five Lessons: The Modern Fundamentals of Golf" è ancora oggi un testo di riferimento.

    Sam Snead (1912–2002) – L’Uomo dallo swing perfetto

    Famoso per il suo swing fluido come una danza, Sam Snead detiene ancora il record per più vittorie sul PGA Tour (82). Vestito sempre con il suo cappello Panama e un’eleganza da altri tempi, giocò con costanza in 4 decenni diversi. È l’unico golfista ad aver vinto eventi sul PGA Tour in sei decadi diverse (dagli anni '30 agli anni '80). Eppure, il Masters gli sfuggì più volte per un soffio.

    Arnold Palmer (1929–2016) – Il re del popolo

    Carismatico, aggressivo, amatissimo: Arnold Palmer non fu solo un campione (62 vittorie nel PGA Tour), ma un’icona. Il suo stile di gioco coraggioso e la sua umiltà conquistarono milioni di fan: nacque così "Arnie's Army". Fu tra i primi a portare il golf in TV, contribuendo in modo decisivo alla popolarità dello sport negli anni ’60. Per molti, fu Palmer a rendere il golf “cool” prima dell’arrivo di Tiger Woods.

    Gary Player, Jack Nicklaus e Tom Watson: la generazione d’oro

    Negli anni ’60 e ’70, il golf visse un’epoca d’oro grazie a tre nomi:

    • Jack Nicklaus – “The Golden Bear”, 18 major vinti, considerato da molti il più grande di tutti i tempi.

    • Gary Player – Il “Black Knight” sudafricano, vincitore di 9 major, ambasciatore globale del golf.

    • Tom Watson – Dominatore del British Open, celebre per la sua rivalità con Nicklaus.

    Questi tre portarono il golf oltre ogni confine, tra competizione feroce e rispetto profondo.

    Un’ eredità impossibile da ignorare

    I grandi maestri del passato non sono solo campioni: sono l’anima del golf. Hanno lasciato uno stile, un’etica, un modo di vivere il campo che ancora oggi ispira chi prende in mano un bastone. I loro nomi risuonano nei clubhouse, sui green e nei sogni di ogni golfista.

    Perché il golf, alla fine, è anche questo: una tradizione che vive nel presente, ma guarda sempre al passato.

  • Notizie dal campo

  • Dominio assoluto: Scottie Scheffler incamera la Claret Jug

    Scottie Scheffler ha trionfato alla 153ª edizione dell’Open Championship con una prestazione impeccabile, chiudendo a 17 sotto par grazie a un ultimo giro in 68 colpi, mantenendo un vantaggio di quattro colpi su Harris English.

    Ha pertanto aggiunto alla sua collezione il terzo major dell’anno (dopo Masters e PGA Championship), distanziando ulteriormente dal completamento del Career Grand Slam, per il quale manca solo lo U.S. Open.

    Precisione da manuale – wire-to-wire completo

    Scheffler ha comandato dalla prima buca fino alla consegna al “Jug”, iniziando con un birdie alla 1 e toccando un vantaggio di sette colpi già nelle prime fasi della giornata finale.

    Nonostante un doppio bogey all’ottava, ha risposto prontamente con birdie alla 9 e alla 12, poi chiuso il back nine senza errori, suggellando un’altra vittoria dominante.

    Emozioni fuori dal green: famiglia e cuore

    Il momento più toccante? La scena dopo il colpo finale, quando Scheffler ha corso a raccogliere il suo figlio Bennett — quasi di un anno — che, in adorabile tenuta verde, è inciampato mentre lo raggiungeva sul green.>

    L’eredità di Scheffler: un nuovo benchmark nel golf

    La vittoria ha consolidato la sua posizione tra i più dominanti giocatori moderni: è il primo dai tempi di John Henry Taylor (1909) a vincere i primi quattro major con almeno tre colpi di distacco, un’impresa anche paragonabile all’ascesa di Tiger.
    Analisti e colleghi — da Lowry a Matsuyama — lo definiscono un nuovo punto di riferimento, un campione dal lavoro incessante e dalle abilità ottimizzate (in particolare nel putting, dove è passato dal 162° al 22° nel ranking PGA Tour)




     

     

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